L’industria e la produzione di grandi marchi di moda, passa attraverso laboratori perlopiù stranieri, costretti a lavorare in orari e condizioni improponibili. Anche se il settore tessile/moda, si dimostra in base a dati ISTAT, uno dei settori più eccellenti in ambito commerciale.
Nel 2016, il quadro lavorativo e occupazionale italiano del settore, contava fino a 120.000 lavoratori. Ma dietro questo comparto del tessile e della moda, c’è una realtà più dura di quanto si possa pensare. I problemi principali dello sfruttamento in questo settore sono: precarietà, violazione dei diritti umani, e assenza di regolamentazione minima.
Sciopero dei lavoratori del tessile
Purtroppo questa triste realtà è presente ovunque, anche nella nostra penisola. Un dossier del New York Times, intitolato “Un viaggio nell’economia sommersa dell’Italia”, parla proprio di come per mancanza di salario minimo, e la pratica di lavoro a domicilio, in Puglia come in altre regioni d’Italia, siano presenti situazioni di forte sfruttamento, agevolate dal forte tasso di disoccupazione. Milano, ad esempio, è diventata palcoscenico stabile di molteplici marchi commerciali leader del settore. Infatti, molte vie e diverse zone della metropoli, si sono trasformate per dar spazio ai propri profitti, mettendo in risalto proprio questo settore commerciale.
Ma tutto ciò va a discapito di tutti quei lavoratori, che vanno avanti con orari disumani, e guadagni talmente bassi da vivere costantemente sotto la soglia della povertà. Una rete solidale, Clean Clothes Campaign, proprio riguardo a questo, mostra come 20 marchi molto importanti del settore, dopo 5 anni di distanza da questo tipo di dichiarazioni riguardanti i lavoratori sfruttati, non siano stati in grado di produrre nessuna prova che dimostri di aver fornito ai propri dipendenti, un salario adeguato.
Posizionandosi così, alla categoria E, ultima categoria seguendo i criteri, mentre, solo 5 di questi marchi, utilizzano degli indicatori che analizzano se le retribuzioni dei dipendenti siano adeguate. Solo Gucci ha potuto attestare di dare solo al 25% dei suoi dipendenti, un salario dignitoso.